Appuntamenti al buio ...........series of photographies, color print on aluminium, 2004 |
Appointments in the dark I am one of those people who tasted the bitter flavour of a dictatorship. I experienced it for the first and fundamental fifteen years of my life, the most important period for the development of an identity. When I was a child I loved to observe the people, while going for a walk with my parents through the streets of Tirana. I was curious about the world I belonged to. I had the habit of looking down to the ground, as close as possible. Watching the movements of all those legs . . . all these feet. In particular I used to watch the shoes and tried to guess to which kind of personality they could belong, but this was not so easy. Along the Boulevard of Tirana everybody looked the same. In fact in those days Albanian people were not able to identify themselves in their clothing, nor be identified through it. The party prohibited any influence from the "western" countries and the commerce. Exclusively fed by the communist ideology, which offered the not particularly demanding costumer only two models of shoes and sandals, for either men or women. The choice was furthermore limited by the financial possibilities of the overwhelming majority. The creation of an individuality of one's own was a forbidden luxury in Albania. …
During the childhood parents coerce and shape their children by stimulating desires, creating tastes and styles. In adolescence there's the great and anxious moment to look for self-identity, but if creating one's own identity represents a luxury, than there's a real risk that this situation becomes pathological due to the fact that we are in front of an unfinished, incomplete individuality. Still today too many human beings aren't free and able to develop their own personal identity. Still today for too many people that's a luxury they can't afford.
My project reflects all those considerations. It consists of the analysis of different kinds and groups of people, of their different behaviour in relation to the shoes they are wearing. I would like to show how it is possible to identify different and unique individualities by observing the movements and positions of their feet and shoes. Simply looking down, focusing on each pair of moving shoes, we could receive plenty of messages, listen to mute dialogs, understand different moods and read short stories. We would catch many of the differences which fill up and complete the world we are belonging to.
I made a video and took a series of photographs documenting different individualities and personalities I met by chance. I tried to get all the emotions, feelings and the peculiar character of each one immortalizing their shoes as far as I could.
Different people were brought in front of a mirror and their reflected image was photographed by me. Each of them was watching the reflection of their own shoes in the mirror. The shoes, in this case, are for me a transitory object that puts the individual in contact with the external reality. That object which creates the environmental opportunities for the stimulation of the natural search of oneself, therefore of the own identity. Enrico Martinelli article pdf |
"We're not the same" 170 x 100 cm |
"We're not the same" 130 x 100 cm |
"Mother" 130 x 100 cm |
"Mother or Wife?" 100 x 70 cm |
"Drowsiness" 100 x 70 cm |
"Father" 100 x 70 cm |
"We're not the same" 100 x 70 cm |
"Jules et Jim" 100 x 70 cm |
"We're not the same" 100 x 70 cm |
"Jules et Jim" 100 x 70 cm |
Appuntamenti al buio Faccio parte di quella schiera di persone che ha assaggiato il sapore amaro della dittatura soltanto per i primi ma fondamentali quindici anni di vita, il periodo più importante nella formazione dell'identità propria e individuale. Fin da piccola, passeggiando coi miei genitori per le strade di Tirana, amavo osservare la gente, ero curiosa di capire a quale mondo appartenessi. Avevo l'abitudine di guardare spesso giù, più vicino possibile a terra. Osservavo i movimenti di tutte quelle gambe, dei piedi, osservavo in particolare le scarpe e cercavo di indovinare a quale tipo di personalità si potessero associare. Ma la cosa non era così semplice. Infatti a quel tempo la popolazione albanese non riusciva ad identificarsi nell'abbigliamento né ad essere identificata in base ad esso. Il partito vietava ogni influenza di derivazione "occidentale" e il commercio nutrito esclusivamente dell'ideologia comunista offriva a clienti non particolarmente esigenti solo due modelli di scarpe e sandali, sia per gli uomini che per le donne. E la scelta era ulteriormente vincolata dalle limitate possibilità economiche della stragrande maggioranza. In Albania crearsi una propria individualità rappresentava un lusso e come tale una sorta di reato. "Identificarsi" era un grande lusso! Durante l'infanzia, sono i genitori a plagiare e plasmare il bambino, stimolandone a loro immagine i desideri, i gusti e lo stile. Nell'adolescenza arriva il grande momento della ricerca ansiosa della propria "reale" identità. Ma se crearsi un'identità rappresenta un LUSSO, allora ecco che esiste il rischio che il tutto sfoci in una condizione patologica, in quanto a tutti gli effetti l'individuo é "incompiuto". Essere liberi di costruirsi le proprie identità e individualità rappresenta un grande lusso, ancora oggi, per troppi esseri umani!
Il mio progetto riflette tutte queste considerazioni. Consiste nell'analisi fatta su diverse persone e gruppi di persone, delle relazioni e dei comportamenti, e di come attraverso le scarpe che indossano, i movimenti e le posizioni, si possa riuscire a identificarne l'individualità e l'unicità. Possiamo decifrare il momento che stanno passando, intuirne gioie e ansietà proprio come se ascoltassimo dei dialoghi. Dialoghi muti che narrano molto di più di piccole storie. Sono le "diversità" che riempiono e completano il mondo al quale io stessa appartengo.
Avere un'identità propria in realtà per migliaia e migliaia di persone è ancora un lusso.
Il progetto, ideato appositamente per la Fiera di Bologna, consiste in un video e una serie di foto scaturite dal mio incontro con diverse individualità e personalità. Per lo più incontri casuali, durante i quali ho cercato di immortalare solo attraverso l'inquadratura delle scarpe, le emozioni ed i caratteri unici e distintivi propri delle persone che le indossano.
Ho realizzato una serie di foto su alluminio; mettendo diverse persone davanti ad uno specchio. Quindi ho fotografato l'immagine riflessa. Ognuno guardava le proprie scarpe nello specchio. Le scarpe, in questo caso, sono per me quell'oggetto transitorio che mette in contatto l'individuo con la realtà esterna. Quell'oggetto che crea le opportunità ambientali per la stimolazione della naturale ricerca del sé, e quindi della propria identità.
"Prendendo per assunto una discreta capacità mentale […]da permettere all'individuo di diventare una persona che vive e che partecipa alla vita della comunità, ogni cosa che accade è creativa a meno che l'individuo sia malato o impedito da fattori ambientali contingenti, che bloccano i suoi processi creativi. (D.W.Winnicott, Gioco e realtà)"
Enrico Martinelli articolo pdf |